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La STAMPA (pubblicata il 19-Mag-98) |
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Da diversi anni combatto
inutilmente, sia come genitore che come docente, contro la ben nota piaga
nazionale: l'inutile prolissità dei testi scolastici. Cresciuti di circa 3 volte
rispetto a qualche decennio fa, si sa che non hanno portato apprezzabili
miglioramenti cultural-conoscitivi degli studenti, anzi, meglio cambiare
discorso. Il guaio è che la maggior
parte dei colleghi non ne vuole sapere: come molti genitori, pensano che la
quantità stimoli chissà quale interesse nelle scolaresche, mentre in realtà è
un'ottima scusa per lasciare a casa i libri, visto che pesano. Ma ora ne salta fuori
un'altra: dopo inutili discussioni coi colleghi, tutti dichiaratamente contro
lo spessore dei libri (salvo poi ricadere nelle scelte da 400 pagine in su),
mi trovo ad avere problemi pure col preside, il quale spinge per
un'apparentemente logica uniformità all'interno del nostro liceo; essendo
quindi in minoranza, mi toccherà adeguarmi allo standard nazionale. In realtà, l'uniformità di
cui sopra serve sì ad evitare cambi di testo, ma solamente in situazioni del
tutto anormali: ripetenze e cambi di sezione. Tutto sommato preferirei
una sana biodiversità didattica, piuttosto che un'uniformità tutta
staliniana, giusto? |
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