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Da diversi anni combatto inutilmente, sia come genitore che come docente, contro la ben nota piaga nazionale: l'inutile prolissità dei testi scolastici. Cresciuti di circa 3 volte rispetto a qualche decennio fa, si sa che non hanno portato apprezzabili miglioramenti cultural-conoscitivi degli studenti, anzi, meglio cambiare discorso.
Il guaio è che la maggior parte dei colleghi non ne vuole sapere: come molti genitori, pensano che la quantità stimoli chissà quale interesse nelle scolaresche, mentre in realtà è un'ottima scusa per lasciare a casa i libri, visto che pesano.
Ma ora ne salta fuori un'altra: dopo inutili discussioni coi colleghi, tutti dichiaratamente contro lo spessore dei libri (salvo poi ricadere nelle scelte da 400 pagine in su), mi trovo ad avere problemi pure col preside, il quale spinge per un'apparentemente logica uniformità all'interno del nostro liceo; essendo quindi in minoranza, mi toccherà adeguarmi allo standard nazionale.
In realtà, l'uniformità di cui sopra serve sì ad evitare cambi di testo, ma solamente in situazioni del tutto anormali: ripetenze e cambi di sezione.
Tutto sommato preferirei una sana biodiversità didattica, piuttosto che un'uniformità tutta staliniana, giusto?
INCArlo@katamail.com
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